In questo articolo: 

Aziende familiari, vantaggio o sciagura?

Trasformare i problemi in progetti

Integrare prospettive di aziende non-familiari

Intervista a Giorgio De Nardi, Pres. Aton Group

La cultura sportiva nelle aziende familiari?

Attenzione al “non-detto”

Mia proposta di allenamento

 

Secondo l’osservatorio AUB, promosso dall’AIDAF | Italian Family Business, l’85% delle aziende italiane è a gestione familiare, e ben il 65% supera i 20 milioni di euro di fatturato.

Dunque, affermare che “l’azienda non è una famiglia” può suonare come una provocazione, ed in parte è così. Soprattutto in tempi come questi dove, spesso, le persone a noi più vicine rappresentano un’ancora di salvaguardia.

Eppure, soprattutto nelle PMI a gestione familiare, è tutt’altro che raro imbattersi in caos organizzativo, emotività eccessiva, gestione del personale inefficace. Non c’è perciò da meravigliarsi se un’azienda ha difficoltà a rispondere ai cambiamenti e all’innovazione con rapidità.

Non sto puntando il dito, sono situazioni “naturali” in ogni contesto umano/organizzativo. Ma non per questo bisogna rassegnarsi allo status-quo, tutt’altro.

 

Essere un’azienda-famiglia: vantaggio o sciagura?

Nella mia esperienza come allenatore personale dei titolari e dei responsabili aziendali, ho spesso constatato che “l’azienda famiglia” ha da un lato grandi potenzialità, dall’altra molte insidie che, se trascurate, possono diventare “distruttive”.

 

Trasformare ogni problema in un progetto di sviluppo: un approccio efficace per le aziende familiari

In tutte le aziende, anche quelle a gestione familiare, è presente un potenziale, spesso inesplorato o poco utilizzato. E questo a causa di interferenze di vario genere.

Immaginando l’azienda come un giardino, dovremmo liberare il campo dalle “erbacce” per permettere la crescita e lo sviluppo di buoni frutti.  Coltivare una maggiore consapevolezza e cogliere negli “ostacoli” delle opportunità di sviluppo possono essere due chiavi fondamentali.

Coltivare una maggiore consapevolezza  significa rendersi conto di ciò che accade dentro e fuori di noi quando interagiamo con gli altri e quando reagiamo agli accadimenti. Significa anche guardare in modo nuovo all’azienda, cioè mettere insieme lo spirito umano con i ruoli, le procedure e il budget.

E’ un po’ come in una ricetta: un ingrediente, una sfumatura, può cambiare tutto il sapore della pietanza.

Invece, spendere tante energie per negoziare dei contratti a livello legale tra i parenti potrebbe essere tutt’altro che risolutivo, soprattutto quando è l’unico intervento effettuato.

 

L’azienda non è una famiglia! Quali prospettive e migliori pratiche possiamo integrare dalle aziende non-familiari

Giorgio De Nardi, Pres. ATON GROUP

 

Il titolo provocatorio di questo articolo nasce da un post social di Giorgio De Nardi, Presidente del Gruppo Aton, veneto del trevigiano, che sviluppa e fornisce soluzioni IT e digitalizzazione dei processi per aziende di vari settori e per vari marchi di un certo rilievo nel panorama italiano.

Giorgio De Nardi è un imprenditore all’avanguardia, ha uno stile di gestione moderno, è stato tra i primi in Italia ad attivare lo smart working “totale” in azienda e il suo gruppo è strato premiato come “una delle migliori 50 aziende dove lavorare in Italia” (Great Place to Work© Certified Company).

 

 

De Nardi, che ho avuto il piacere di “incontrare” in video-conferenza, ritiene che non bisogna confondere le organizzazioni che hanno un “buon clima” con quelle dove le persone iniziano ad avere atteggiamenti troppo amicali o parentali.

Egli afferma che gli imprenditori non debbono trattare i propri collaboratori come dei familiari, per il bene di tutti. Né dare per scontato che i propri figli siano imprenditori per discendenza.

 

Le relazioni, gli affetti, le emozioni ed amicizie che fanno da contesto al lavoro sono certamente fondamentali, ma un’azienda diventa un’organizzazione quando ha delle regole, dei fini chiari e condivisi e delle modalità di comunicazione efficaci.

 

 

Cosa può dare lo sport alle aziende familiari?

Giorgio De Nardi dirige il gruppo da 32 anni, ma prima è stato anche professore di ginnastica. Sa bene che la cultura sportiva può dare molto in termini di crescita personale e aziendale.

Come fare per trasformare in competenze e non lasciare che siano slogan concetti come il team, la collaborazione, la visione e gli obiettivi anche nelle aziende familiari? Come tramutare questi concetti in azioni e comportamenti abituali?

Giorgio De Nardi durante un’attività di parapendio

 

Qui il De Nardi ci fornisce un altro spunto molto importante: la cultura sportiva si declina in azienda nella cultura del feedback a 360°. Un feedback “circolare”, tra direttore e dipendenti, tra collaboratori, ma anche dal dipendente verso il direttore.

“L’eccesso di buonismo fa male anche alla persona interessata” egli evidenzia. Ma è possibile coniugare un clima amicale con una cultura meritocratica? “Si, per raggiungere questo obiettivo bisogna tenere conto di valori di umanità e rispetto e coltivare feedback continui.

Inoltre, ci vuole chiarezza su come è distribuito il potere, le responsabilità e quali sono le aspettative. E l’imprenditore è il primo che deve dedicarsi costantemente alla riflessione umile” per raggiungere questo obiettivo.

 

Aziende familiari: il  “non-detto” a confronto con il “feedback continuo”

Trovo molto riscontro nelle parole di questa intervista al De Nardi. In molti casi, infatti, i problemi nascono quando non sono state chiarite le aspettative e quando la comunicazione viene distorta dando per scontato  che l’interlocutore  abbia inteso tutto ciò che è stato detto o che lo farà, il “non detto”, appunto.

Nella crescita personale si dice che spesso le aspettative portino presto alla delusione; questo perché non vengono chiarite dall’inizio. Meglio puntare su comunicazione e feedback continui.

 

Aziende familiari: prendersi uno spazio di riflessione creativa

Dedicare del tempo alla definizione dei punti trattati in questo articolo non esaurisce un tema complesso e multi-disciplinare come quello delle aziende familiari.

Ma spero di averti dato comunque degli utili spunti (anche grazie alla testimonianza dell’imprenditore intervistato) per mettere a punto una strategia efficace per una piena espressione del potenziale della tua organizzazione.

Ti propongo un allenamento basato su un approccio contro-intuitivo: al termine di ogni incontro o riunione che ti capiterà di fare nei prossimi giorni cerca di riflettere su ciò che non è stato detto, piuttosto che considerare ciò che è stato detto.

Se lo desideri, puoi inviarmi la tua riflessione e/o parlarmi dei tuoi obiettivi cliccando su questa pagina.

Sarò felice di offrirti un riscontro.