L’espressione di sé stessi, del proprio potenziale, e la possibilità di migliorare la collaborazione con gli altri.

Sono temi che vanno al cuore dello sviluppo professionale e di business, e delle competenze trasversali, indipendenti dal settore in cui si opera.

 

Come può il respiro aiutarci a raggiungere questi scopi?

 

La nostra rete di collaborazioni si amplia con Francesco Sorichetti, che ho il piacere di ospitare nella rubrica che racconta di soluzioni, esperienze e tecniche per affrontare la complessità odierna.

 

Francesco dopo gli studi in filosofia, decide di dedicarsi alla musica approfondendo prima lo studio della chitarra e poi della voce – canta per molti anni nella lirica, ed opera anche come docente di musica.
Oggi è trainer in tecniche dell’espressione personale attraverso la voce.

Prima di iniziare l’intervista ufficiale, faccio a Francesco una confessione provocatoria: ma non è che tutta questa tecnica vocale ci porta ad essere troppo attori?

 

Francesco Sorichetti coglie positivamente questa mia, e mi spiega che in realtà più che di tecnica si tratta di una via per ritrovare il corretto funzionamento dell’apparato fonatorio, e quindi le nostre risorse naturali. In direzione dell’autenticità, non dell’interpretazione.

 

Interessante, penso tra me e me. Sappiamo bene come l’autenticità sia una delle chiavi per l’espressione del proprio potenziale e per creare fiducia, per cui la faccenda si fa molto interessante. Questo è il modo in cui intendiamo la formazione in Cecere&Partners.

 

 

Francesco, perché il respiro è così importante per la voce?

 

“La parola “respiro” suggerisce subito un’immagine di fluidità, spazialità, benessere. Condizioni ideali, ma spesso anche necessarie per poter realizzare i propri obiettivi e condurre una vita positiva e produttiva. “Respirare” può essere nutrirsi, rilassarsi, rigenerarsi, trovare i giusti tempi o la necessaria concentrazione.

 

Per la voce, in particolare, il respiro è carburante. L’aria che espiriamo genera direttamente il suono quando attraversa e fa vibrare le corde vocali. La qualità della voce è strettamente collegata a come respiriamo. Qualsiasi uso della voce, dal canto alla voce parlata o recitata, non può prescindere dal respiro e da tutto l’impegno fisico riconducibile al controllo e all’emissione del fiato.

 

Ma per la voce il respiro non è soltanto una benzina da tenere nel serbatoio. È molto di più. Il movimento dell’aria, il suo passaggio dentro di noi, tutt’altro che scontato, realizza delle connessioni indispensabili per una buona vocalità. Quando respiriamo correttamente, l’aria trova spazio libero per scendere in profondità nei polmoni, permettendo l’abbassamento del diaframma che verrà poi controllato dalla muscolatura addominale. Da un punto di vista tecnico, è questo che la voce ci chiede: poter essere sempre sostenuta da un solido cuscino d’aria”.

 

Francesco, tra un’interazione e l’altra, mi rivela un aspetto molto personale. Ha scelto questa specializzazione perché anni fa, questo lavoro sulla voce, è stato per lui una leva di trasformazione personale, e oggi vuole condividere con gli altri questo suo percorso.

Ed io? Sento che il mio percorso, anche se per strade diverse, risuona con il suo.

Poi però scatta in me la parte più realista, quella che si guarda intorno e si accorge che non siamo in un giardino Zen. Anche se un’altra parte di me, probabilmente, vorrebbe che fosse così. E allora non potevo non chiedergli un parere su questo.

 

(C) Francesco Sorichetti

 

Siamo nella “società del respiro”, oggi?

 

“C’è troppo poco respiro nelle persone, non solo nell’ambiente.
La dilatazione dei tempi, il sapersi fermare, anche solo un secondo di respiro in più creano accoglienza verso l’altro. C’è bisogno di più respiro a livello personale.

 

C’è troppa fretta e chiusura. La nostra non è una società del respiro. Il Covid forse ha fatto accendere questa consapevolezza. È stata una pausa forzata che non volevamo ma che ha permesso, in alcuni casi, di osservarsi meglio”.

 

 

Che differenza c’è tra un respiro automatico ed uno intenzionale?

 

“Noi possiamo indirizzare l’aria che respiriamo in maniera intenzionale. Il respiro involontario serve soltanto per sopravvivere, il respiro volontario ci fa imboccare un’altra strada che è fatta di maggiore efficienza, efficacia, di profondità con attivazione anche di risorse sia a livello mentale che fisico-energetico”.

 

 

In una società ed un mercato dove la retorica è “il più veloce e reattivo vince”, non sembra un paradosso proporre di rallentare per respirare?

 

“Per me rallentare il respiro non vuol dire rallentare l’azione. Dobbiamo concederci questo tempo. Gli influencer che parlano velocemente danno un senso di automatismo e meccanicità che rischia di far perdere la direzione e non sei sicuro di arrivare a destinazione. I tempi giusti ti fanno vedere meglio l’obiettivo e aumentano la possibilità di raggiungerlo”.

 

 

Quanto il suono della voce impatta sulla creazione di fiducia con i nostri interlocutori?

 

“Dal suono della voce si sente come stai gestendo la situazione, quanto sei connesso con te stesso.

 

Chi inizia un percorso di esercizio della voce impara a confrontarsi col respiro, a diventarne più consapevole e a scoprirne le possibilità. Quello che prima era un respiro breve e superficiale, inserito distrattamente e meccanicamente tra una frase e l’altra di un discorso, inizia a essere vissuto come un momento fondamentale di pausa, di apertura, di accoglienza consapevole. Un buon uso della voce ci insegna a evitare ogni sequenza fitta e serrata di parole per fare spazio a una presa di fiato generosa, capace di alimentarci, sostenerci e guidarci durante la conversazione. “

 

 

Francesco, in che modo possiamo lavorare sulla nostra voce?

 

“Lavorare sulla voce significa imparare a usare il nostro strumento, conoscerlo e padroneggiarlo. Per fare questo dobbiamo innanzitutto aprirci al respiro, coinvolgere il corpo e accettare il cambiamento, superando le abitudini e gli automatismi. Ogni voce è diversa, unica, come unico è il proprio percorso di ricerca.

 

Una volta raggiunto questo nuovo punto di osservazione, parlare in apnea – magari anche dominati dalla fretta o dall’ansia – si rivela la peggiore delle condizioni possibili, perché le parole suonano asciutte, piatte e nude nella loro razionalità. Ma prima, quando respiravamo nel “vecchio” modo, non potevamo accorgercene.

Quando assaporiamo un nuovo colore nella voce e la sensazione di sostegno data da un respiro più profondo, non torniamo più indietro. Aumenta il benessere, la confidenza, la sicurezza e la qualità del timbro. Riusciamo a connetterci meglio con noi stessi e ad ascoltare meglio ciò che accade, dentro di noi ma anche in chi ci ascolta.”

 

 

In che termini il respiro nella voce porta vantaggi nelle relazioni interpersonali e professionali?

 

“Il flusso del respiro sembra essere in grado di insegnare qualcosa che va persino oltre l’uso della voce, perché fa recuperare quella flessibilità e quella elasticità fisica che con gli anni si perde, fa esercitare l’ascolto, valorizzare le pause, rispettare i tempi e l’alternanza nei dialoghi, fa dire stop ai sensi unici e agli atteggiamenti troppo rigidi.

 

Come non fare tesoro di questi insegnamenti? Il training vocale, a partire dal respiro, diventa allora un esercizio di comunicazione, non soltanto in termini di efficacia, ma anche di apertura e di collaborazione. Su cosa poggia infatti la collaborazione se non sull’ascolto reciproco? Lo spazio che si apre quando si accoglie l’aria per usare al meglio la voce è lo stesso spazio della disponibilità, dove consapevolezza di sé e confronto tra individualità diverse convivono naturalmente. In questa dimensione, la fluidità del respiro è come l’elasticità di un ragionamento o di un processo costruito con il contributo di più individui”.

 

La realtà lavorativa di tutti i giorni, oltre gli slogan, sembra fatta di frettolosità, di poco ascolto, e poca consapevolezza di come tutto questo rallenti i progetti anziché facilitarli.

A conclusione della nostra chiacchierata, ti va di riassumere come il respiro nella voce possa essere, insieme ad altri approcci, uno strumento essenziale?

 

 

“Molti errori, gaffes, gesti scortesi o precipitosi che accadono nella quotidianità sono spesso il risultato della mancanza di un buon respiro, come quando si è di fretta, nervosi o ansiosi. Saper respirare aiuta a mettere da parte l’impulsività, l’aggressività e tutti quei modi che sembrano chiudere gli spazi del dialogo. D’altra parte, anche da un punto di vista strettamente sonoro, grazie a un respiro più profondo la voce si arrotonda e si ammorbidisce, suona più timbrata, non comunica più assolutezza e intransigenza ma piuttosto disponibilità e comprensione.

 

Alla luce dell’esperienza di trasformazione che è in grado di generare, il respiro si rivela un supporto prezioso per dare apertura, continuità e autenticità al nostro percorso professionale e di vita.”

 

 

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