Abbiamo il piacere di ospitare sul nostro blog Giulio Natali, Direttore HR di Fater.

Continuiamo a celebrare i dieci anni di attività di Cecere&Partners, con lo spirito di offrire, in questo periodo di epocale cambiamento, riflessioni, strumenti e approcci innovativi nella crescita personale, professionale e organizzativa. La rete Cecere&Partners si amplia con la collaborazione di Luciana Marino, esperta di comunicazione e formazione, che ringrazio per questo contributo e a cui passo con piacere “la parola”.

 

Chi non si è mai imbattuto in un problema? Chi non ha mai sbagliato? Probabilmente solo chi non ha mai fatto nulla, o non ha mai preso decisioni. Un vero peccato dire di NO a priori, non provare, soprattutto perché si perdono tante buone occasioni.

Incontriamo il Direttore delle Risorse Umane di Fater, una joint venture paritetica tra Procter & Gamble e Gruppo Angelini, leader nel mercato dei prodotti assorbenti per la persona e dei detergenti per la pulizia della casa.

Giulio Natali, vent’anni di esperienza nella funzione HR di multinazionali innovative e multiculturali, mi accoglie nel suo studio. Sullo sfondo una libreria con copertine colorate che lui chiama, affettuosamente, “carte”. Tra quei libri c’è anche quello scritto proprio dalla sua penna, fresco di stampa: ventidue storie di personaggi alla ricerca del senso delle piccole cose. Spirito di osservazione, assenza di giudizio, stile ironico, essenziale. Proprio come lui.

 

La sintesi è chiarezza mentale

“Da dove iniziamo?” mi domanda. In effetti, in ogni ambito, l’aspetto più complesso è fare il primo passo. Per cui chiedo subito al Direttore Risorse Umane di Fater qual è, secondo la sua esperienza, la prima azione da compiere davanti ad una situazione problematica, e quale atteggiamento mentale è utile attivare per individuare una risposta ad una specifica sollecitazione.

“Mi approccio alle difficoltà attraverso un’attività di analisi a cui segue subito una di sintesi e di semplificazione, che mi permette di arrivare efficacemente al nocciolo del problema. Scorporando quest’ultimo in elementi più piccoli, eliminando le sovrastrutture e gli effetti, riesco a definirlo e circoscriverlo meglio. Rimanendo allineati alla consapevolezza del problema nella sua globalità, disegno un percorso funzionale al raggiungimento di un obiettivo.
Occorre un atteggiamento situazionale, fluido che metta in conto le variabili imprevedibili, senza puntare alla perfezione, e ricordando che non ci sono soluzioni uguali per tutti i problemi. Albert Einstein sosteneva che «la follia sta nel ripetere sempre la stessa cosa, aspettandosi risultati diversi», ed io aggiungo che la follia è anche tentare di applicare le stesse soluzioni a problemi solo apparentemente simili.”

 

Giulio Natali

Scelte funzionali, ma non funzionanti

Ho chiesto a Giulio se volesse condividere un’esperienza, vissuta nell’ambito della sua vita professionale, in cui ha sperimentato soluzioni che si sono rilevate non funzionali prima, ed efficaci poi.

Così mi racconta che, prima che giungesse la pandemia, alla Fater di Pescara, tutti si stavano preparando al trasferimento dal vecchio Headquarter, progettato da Massimiliano Fuksas, un edificio dal volume anulare e curvilineo, sviluppato sul concetto dei silos organizzativi, al nuovo Campus di Spoltore, concepito come un immenso open space innovativo in cui lavorare meglio tra le varie business unit.

Il perché di questo passaggio risiede nella volontà di abbandonare le vecchie logiche funzionali e di controllo, e di smantellare la precedente compartimentazione puntando, invece, ad un nuovo grande luogo che agevoli la fisicità, le relazioni e quelle che Giulio chiama, amorevolmente, le chiacchiere produttive.

Poi, qualche mese prima dello spostamento, previsto per luglio 2020, arriva il Covid-19 che mette in discussione le soluzioni individuate fino a quel momento: il passaggio fisico nel nuovo centro direzionale, di tutto il personale, non è più possibile.

Tra le figura apicali si inizia a discutere molto. A livello di sentiment c’è uno spartiacque tra l’eccitazione dei promotori del cambiamento e l’emozione di paura degli altri leader contrari ad esso.

 

La soluzione che fallisce

Proporre un timido compromesso, per timore di perdere la propria posizione di potere e di controllo, non accettare il cambiamento o, peggio, opporsi ad esso, rappresenterebbe una soluzione fallimentare che non terrebbe conto, in questa vicenda, delle nuove condizioni dettate dal Covid-19 che hanno determinato, a livello di layout, esattamente il contrario di quello che era stato previsto: dividere fisicamente, anziché unire in un unico spazio.

Tuttavia, ritengo che il disorientamento di questi momenti, inteso nella sua accezione positiva, aiuta ad andare oltre il problema, immaginando quelle che potrebbero essere le caratteristiche dello scenario successive al cambiamento.

 

Il coraggio è una paura vinta

Giulio mi spiega che “bisogna rivedere gli obiettivi iniziali e, con un atteggiamento flessibile, modificare paradigma aprendosi alle opportunità che il cambiamento offre, con coraggio e scevri dai pregiudizi.

Il focus, così, si sposta dalla centralità del campus concepito come luogo di relazione, privo di barriere funzionali, alla centralità delle persone ed alla loro cura.

La capacità di riadattare costantemente quella che è l’azione ai risultati che la realtà mostra, suggerisce di incentivare il remote working, dando ai dipendenti la possibilità di lavorare dove, come e quando desiderano a proprio piacimento, eliminando le timbrature, le scrivanie personali, ma prenotandone una, magari sulla terrazza panoramica riscaldata, tramite l’apposita App. Solo al campus si potrà vivere un’esperienza piena di condivisioni e interazioni, solo lì si potranno trovare fisicità e relazioni, ma si decide che sarà una scelta di ciascun dipendente e non un obbligo.”

 

Dalle tentate soluzioni alla soluzione innovativa

Questa libertà di organizzazione, unita al lavoro in smartworking, porterà ad accorgersi, a novembre 2020, che parte delle circa 550 postazioni di lavoro sono superflue in quanto vengono utilizzate solo parzialmente.

Ancora una volta, le precedenti soluzioni sono sottoposte ad una accurata analisi, e si cerca di aggiustare il tiro, per comprendere, ragionevolmente, quale sia l’azione più efficace da compiere alla luce del nuovo scenario.

Questi esperimenti, dunque, sono frutto dell’esperienza, che ognuno si porta dietro come un utile bagaglio, e della sintesi di tentate soluzioni, sottoposte al vaglio critico.
Si giunge pertanto alla decisione di adibire una parte dell’area del Campus a spazi di co-working, destinandola alle attività di eventuali start-up, spin-off universitarie interessate, e a tutto ciò che vada oltre il concetto di business ordinario. Il Campus diventa, così, un centro di aggregazione per attività dal valore aggiunto.

 

Le soluzioni che vincono sono di chi si ri-orienta

Tutte queste soluzioni sono scaturite da una serie di domande che i vertici aziendali si sono posti, aventi come oggetto il benessere organizzativo, la dimensione sociale e l’attrattività dei talenti.

Le profonde riflessioni che ne sono derivate, hanno sottolineato l’importanza, per ogni soluzione, di ispirarsi ad alcuni valori importanti come la fiducia, l’ascolto e l’apertura verso l’altro, ed alla centralità della persona, con la sua autonomia e libertà, e con le sue responsabilità. “Un plus importantissimo!” esclama Giulio Natali.

Questo incontro mi ha permesso di comprendere che le soluzioni che hanno successo, quelle che creano, che durano e che funzionano, sono quelle prese dalle persone che non partono dai dogmi, ma che si adattano, con spirito critico, al contesto e si ri-orientano agilmente.

Le soluzioni vincenti hanno la forma di un elastico, sono adattive, flessibili e tipiche di chi riesce ad andare oltre ed a guardare, senza rigidità, né pregiudizi, al cambiamento.

Qual è la forma della tua soluzione?
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