L’ innovazione rappresenta una strategia indispensabile per gestire con successo il cambiamento che ogni progetto, personale o professionale, richiede. Viviamo in un epoca di grandi cambiamenti e la stessa innovazione può essere vista, in uno dei suoi diversi significati, come essenza del cambiamento, a patto che non sia un processo isolato e tantomeno casuale, ma una vera strategia continuativa.

Secondo l’economista Enrico Moretti, oggi non c’è più alcuna differenza tra produzione e servizi ma tra settori che generano innovazione e i restanti. Ogni innovazione introduce un circolo virtuoso: l’innovazione non si limita a beneficiare il settore al quale appartiene l’azienda che la produce ma crea degli effetti positivi su tutto il sistema. E questo spiega, probabilmente, anche le importanti ricadute sulla reputazione del brand, sulla credibilità e la fiducia di cui godono generalmente gli innovatori.

Per realizzare una strategia continua non ci si può però limitare a considerare innovazione soltanto quella tecnologica. Per quanto importanti possano essere gli strumenti che migliorano la produttività o automatizzano i processi aziendali, essi esauriscono i loro effetti benefici nel breve periodo, a meno che non siano accompagnati da un cambiamento che coinvolga direttamente le persone in azienda.

Le aziende più innovative al mondo, a partire da Google e Apple, tanto per fare dei nomi fra i più noti, sono quelle che si dimostrano più interessate a sviluppare il rapporto con i propri dipendenti e curare il loro benessere. Sono aziende disposte ad investire nel capitale umano, termine comunemente inteso come l’insieme di conoscenze, competenze, abilità, emozioni, acquisite durante la vita da un individuo e finalizzate al raggiungimento di obiettivi sociali ed economici, singoli o collettivi.

Per migliorare il progresso innovativo non si deve pensare alle classiche politiche industriali tradizionali, la chiave per lo sviluppo è insita nell’uomo, nel capitale umano. Il livello di concentrazione di capitale umano all’interno di un’area è un valido indice di progresso e sviluppo, al contrario di come si potrebbe pensare. Dunque dovremmo pensare al capitale umano come una saggia scelta di investimento con ottimi ritorni in termini di guadagno, piuttosto che come ad una spesa, sulla quale fare continui tagli.

Parliamo di aziende che trasformano l’innovazione in una metodologia per individuare, valutare e valorizzare le proposte innovative delle persone. Anche in Italia ne abbiamo degli esempi.

D’altra parte, diversi studi hanno evidenziato gli effetti positivi che si producono sull’innovazione attraverso un ambiente di lavoro e una cultura aziendale costruiti sul capitale umano; la motivazione, la partecipazione e lo sviluppo delle persone e dei loro talenti, attitudini e capacità sono tra i principali fattori in grado di produrre dei vantaggi competitivi solidi e duraturi.

Quindi, investire nel capitale umano può voler dire mettere a fattore comune e valorizzare le attitudini, le abilità, le conoscenze e gli interessi di tutte le persone che lavorano in una azienda perché proprio questo capitale può conferire ad una realtà il suo carattere unico e permetterle di sviluppare una autenticità che si trasforma in un fattore di motivazione e di stimolo interno e diventa parte integrante del prodotto o del servizio offerto.

E, naturalmente, una forma di investimento è rappresentata dallo strumento della formazione continua che può essere utilizzato per creare un ambiente di lavoro favorevole alla pratica dell’innovazione. Continuità della formazione significa istituire un vero e proprio presidio interno di training e di uscire dalla logica della formazione spot, incentrata su singoli eventi o “formule intensive” da week end.

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L’efficacia di questa logica è messa in dubbio dagli stessi fruitori perché, passato un certo periodo, “non resta molto”, cioè il sapere non può attecchire e non ha la possibilità di tradursi in azioni e comportamenti. Al contrario, eventi più diluiti nel tempo ma costanti creano un ambiente più propenso alla pratica di ciò che si è appreso e, quindi, all’innovazione.

Purtroppo o per fortuna in Italia abbiamo molto da lavorare: l’ultimo rapporto europeo sull’innovazione definisce il nostro paese come un innovatore moderato che crede poco nelle sue capacità.

La situazione del resto non è migliore neanche sul fronte dell’investimento nel capitale umano dove, secondo l’ultimo rapporto del World Economic Forum, ci collochiamo al 34° posto su 130; per quanto riguarda invece la formazione continua siamo addirittura al 119° posto su 130.

Sono dati che fanno riflettere per un paese che ha sempre incarnato l’ideale del genio e della cultura in tutto il mondo. D’altra parte, in una riflessione seria ci deve essere anche lo spazio per interpretare tali dati come un opportunità per le aziende interessate a fare dell’innovazione umanistica una strategia incentrata sulle persone.

 

Antonio Cecere. Fondatore e direttore di Cecere&Partners – Coaching e Training.
Coach professionista specializzato in sviluppo professionale e pensiero innovativo.