“L’autorealizzazione è quando stiamo facendo il massimo per essere il meglio di ciò che possiamo essere.”
A.Maslow

maslow

 

 

 

LE Trappole che non permettono la crescita (e come uscirne)

 

Premessa
Quanto di seguito è frutto di studi ed esperienza personali di oltre dieci anni sul campo, operando come personal e business coach, trainer e facilitatore di risultati. Pertanto non si tratta di verità a cui prestare fede, da un lato, o diniego totale, dall’altro. Certo è che cerco di attingere sempre alle fonti migliori, e di verificarle continuamente sul campo. Solo in tal caso le riporto.
La realtà spesso è più ampia di quanto ci prospettano i luoghi comuni e i mass-media.
Il mio obiettivo è perciò offrire spunti di riflessione, e magari di attivazione di nuove strategie di crescita, che seppur ad oggi relative ad una minoranza, sono state sperimentate con successo da diversi titolari di attività economiche.
Ho scelto di utilizzare uno stile narrativo e un po’ provocatorio per creare coinvolgimento e leggerezza allo stesso tempo, a differenza di quello che può essere un “freddo” testo tecnico. Non me ne voglia chi si sentirà coinvolto personalmente. Ognuno ci veda quello che ritiene più opportuno e costruttivo.

Perché questa scelta? L’intelligenza emotiva.
Perché, come scopriremo in questo episodio e in quelli di prossima pubblicazione, il fattore “emotivo” conta al pari (se non di più) di quello logico-razionale. Uno dei fattori  del “Nuovo Mondo” infatti prevede che un imprenditore che occupi una posizione di leadership alleni continuamente la sua intelligenza emotiva.

D’altronde una massima della leadership recita:
“Non prendere decisioni perché popolari, facili o economiche, ma perché giuste “

 


Due imprenditori amici: Mario e Gianni

Siamo negli anni ’90.
Mario e Gianni sono due imprenditori che operano nel settore dei servizi, e stanno sorseggiando una tazzina di caffè al consueto bar nei pressi dei loro uffici.

Mario ha ottenuto negli ultimi tempi particolari risultati economici e, Gianni, curioso e interessato, cerca di capire quali sono i fattori che hanno fatto la differenza.

Gianni: “In sostanza, cosa hai fatto di più per ottenere questi risultati?”

Dopo circa venti minuti di colloquio, in cui Mario con piacere e cordialità presenta i suoi successi all’amico, Gianni arriva alla seguente conclusione: Mario ha ottenuto questi risultati perché ha definito degli obiettivi, ha lavorato duramente ed ha aumentato il suo parco di relazioni.

In sostanza Mario, ogni volta che parla di risultati, parla di attività progettate e compiute.
Prima della crisi, anche solamente un atteggiamento proattivo portava già risultati straordinari.

caffe

E’ passato qualche anno.
Siamo ora nell’anno 2014
, Mario e Gianni si incontrano nuovamente, questa volta decidendo di condividere il pranzo presso una locale tavola calda.
L’umore di Mario non è dei migliori, non accenna ad alcun sorriso. Gianni sembra molto più tranquillo ma, notando l’amico di cattivo umore, non può esimersi dal chiedergli: “Cosa c’è che non va?”

La chiacchierata è lunga quanto tutto il pranzo. Mario gli racconta che sta attraversando diverse difficoltà, soprattutto dovute alla crisi e al cambiamento. La cosa che più lo rende rabbioso, è che non ha mai smesso di impegnarsi: nonostante abbia moltiplicato il numero di attività, i risultati stentano ad arrivare.

“Il problema”, farfuglia Mario quasi tra sé e sé, “è che non ricevo più le richieste di preventivo di prima. I clienti poi, sembrano davvero superare ogni limite: sempre più esigenti, chiedono e poi non richiamano. “

E Gianni, osservando l’amico con interesse e senza pregiudizio, gli chiede: “C’è altro?”

Mario si fa scuro in viso, ammesso che fosse ulteriormente possibile rispetto a quanto già assumeva.
Le pupille dei suoi occhi si dilatano , mentre le sopracciglia e le labbra si inarcano, la fronte si corruga, la respirazione si fa corta…

C’è che la cosa più pazzesca è che più sono incavolato, più i miei collaboratori, anziché darsi una mossa, sembrano demotivarsi! Devo ripetere sempre le stesse cose, e più mi vedono arrabbiato più sembrano deresponsabilizzarsi. Anzi, ho il sospetto che un paio di loro ridano di me alle mie spalle e…”

Gianni, nonostante vede crescere il tono di voce e l’emotività dell’amico, non si sovrappone. Attende, lo osserva ancora senza giudizio e con interesse sincero ascolta il suo racconto.

Mario: “Non hanno capito in che situazione stiamo andando, ti rendi conto?”

Gianni: “Capisco, comprendo il tuo stato d’animo. E cosa ti hanno detto quando hai condiviso con loro lo stato dei fatti?

Mario, ancora con fare sorpreso: “E chi ti ha detto che l’ho condiviso? C’è bisogno di dirlo? Devono capirlo da soli… e poi quando mio padre gestiva l’azienda…”

Su questo tono continua ancora il discorso tra i due, ma qualcosa è cambiato. L’ultima domanda di Gianni ha stimolato qualcosa in Mario, ma quest’ultimo, al momento, è più concentrato a trovare motivazioni razionali a sostegno del fatto che lui abbia scelto di non condividere con i suoi collaboratori la questione, e ancor di più di non chiedere loro aiuto. Non fidandosi più dei suoi collaboratori, doveva tenere un atteggiamento di difesa, in attesa di valutare la situazione.

Anche Gianni ha avuto difficoltà durante la crisi ma negli ultimi mesi stava iniziando a rivedere un graduale miglioramento dei risultati economici.
Quando finalmente ne ha avuto l’occasione, con tatto, lo ha condiviso con Mario.

amici_al_bar_1_medMario: “Ti faccio la stessa domanda che mi ponesti tu anni fa. Cosa ha fatto la differenza?”

Gianni guarda l’amico imprenditore dritto negli occhi, poi, in guizzo di luce, sospira e drizza la postura:
“Vedi amico mio, quando le cose sono iniziate ad andare male, ho cominciato a confrontarmi con diversi conoscenti imprenditori, commercianti, eccetera. Gran parte di loro mi dicevano la stessa cosa”

<< Bisogna aspettare, blocca tutto c’è poco da fare. Rischia il minimo possibile. Dobbiamo aspettare che passi.>>

“Dentro di me però c’era qualcosa che non mi convinceva, perché conoscevo comunque qualche azienda che stava crescendo. E’ vero molti stavano chiudendo, ma, partecipando a dei seminari, diversi testimonials mi avevano interessato dichiarando la propria esperienza positiva di riscatto. Diverse riviste di management e dei testi che decisi di leggere, parlavano del fatto di rimettersi in gioco, che prima ancora di decidere cosa voler realizzare bisognava capire chi volevamo (e dovevamo) essere e diventare per sviluppare nuovi risultati. In sostanza, si diceva che prima di ogni cosa bisognava avere un piano di crescita personale, più che una quantità abnorme di cose da fare. “

Mario, da dubbioso sembrava farsi un po’ più interessato. Infatti interviene facendo trapelare un po’ di ironia: “Crescita personale? E cosa vuoi che debba crescere ancora, dopo tanti anni di esperienza e due lauree?”

Gianni, non sembrava sorpreso, prima di rispondere: “Non sono qui per dirti cosa fare. Posso solo raccontarti cosa sto facendo io. Ho inserito nella mia agenda uno spazio periodico in cui raccolgo sistematicamente annotazioni, osservazioni, su ciò che faccio bene e ciò che voglio migliorare. Ho stilato un piano di crescita personale, faccio diversi approfondimenti, su nuovi temi. Prima mi concentravo sugli aspetti tecnici del mio settore, ora ho inserito degli spazi per nuove abilità dal punto di vista, diciamo “umano”.  Oggi ci riuniamo più spesso ma le riunioni sono più brevi e i collaboratori sono diventati molto più affidabili e responsabili. Sostanzialmente, ho cambiato una parte della mia giornata. ”

Mario, questa volta, sembra davvero incuriosito. “E poi?”

I due continuano oltre tempo e, mentre arrivano i caffè , la loro attenzione cade sulla ricevuta; in fondo alla stessa una nota curiosa:

“ Si avvisa la gentile clientela che se volete potete fornirci un’opinione sulla qualità del servizio. “
  Alessandro Cordone, Resp.le Soddisfazione Clienti

Più in basso, una nota aggiuntiva. La dimensione dei caratteri costringe Mario e Gianni ad avvicinare la ricevuta agli occhi:
“ Si avvisa inoltre che se non la volete fornire meglio ancora, perché non abbiamo tempo di leggerle. C’è crisi. “
Firmato:  Carlo Fioravanti, Proprietario.

 topo

Le TRAPPOLE che non permettono la crescita

John Maxwell, uno dei padri della letteratura sulla leadership, elenca le n.8 motivazioni che “ci raccontiamo” per rinviare la crescita.
In questa fase, verifichiamole brevemente:

  1. La trappola dell’automatismo: “ Se si cresce, si cresce automaticamente. Se non si cresce, dipende dal contesto “
  2. La trappola della conoscenza: “ Non so come crescere. Quindi rinuncio. “
  3. La trappola del tempo: “ Non è il momento giusto per crescere. Quindi rimando. “
  4. La trappola dell’errore: “ Ho il timore di commettere errori. Quindi meglio non rischiare. “
  5. La trappola del perfezionismo: “ Devo trovare la strada migliore prima di iniziare “
  6. La trappola dell’ispirazione: “ Non mi sento di farlo. Lo farò quando sarò motivato. “
  7. La trappola del confronto: “ Gli altri sono migliori di me e stanno avanti, sarebbe troppo faticoso “
  8. La trappola dell’aspettativa: “ Pensavo fosse più facile di quanto si sta verificando, quindi mi scoraggio. “

Nei prossimi articoli vedremo come e quando scattano questi pensieri (trappole), e come attiviamo da soli degli auto-sabotaggi, dicendoci: “lo so”, spesso non permettendo di passare all’azione.
Vedremo anche alcune strade per “disinnescare” le trappole, utili sia per noi stessi che per chi vogliamo guidare.

Intanto, vi propongo il seguente esercizio di riflessione:

  1. Quali delle “trappole della non-crescita” mi staNNO condizionando oggi? 
  2. Quali stanno condizionando i miei collaboratori, SOCI, PARTNER?
  3. Quali i miei clienti?

Buon lavoro, condividete e scrivetemi!

Per contatti e domande scrivere a Antonio Cecere, cecerecoaching@gmail.com

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