Una solida reputazione si può costruire oggi comunicando in modo genuino e mirando a creare e mantenere relazioni, sia online che offline.

 

Reputazione: secondo le conclusioni della prima edizione di Authentic100, l’indice annuale dei marchi classificati in base alla percezione di autenticità da parte dei consumatori, la fiducia si è trasformata in un bene prezioso che è difficile conquistare e mantenere. In Italia solo il 9% dei consumatori reputa i marchi aziendali onesti e trasparenti e, nel resto del mondo, questo scetticismo è confermato da quattro consumatori su cinque.

E’ finito il tempo del consumatore inteso con un’accezione passiva del termine, cioè visto come semplice destinatario di prodotti o servizi offerti sul mercato.

Il “consumatore” è tornato ad essere ciò che è sempre stato, una persona con i propri bisogni, gusti e interessi che si aspetta di poter contare sulle aziende alle quali si rivolge e di vedere soddisfatte le proprie aspettative che abbracciano sempre di più aspetti umani e relazionali.

Oggi, nel pieno della rivoluzione portata dalla diffusione delle tecnologie digitali e delle reti sociali,  la fiducia nelle aziende si collega ad una credibilità che non dipende più solo dalla qualità del prodotto o servizio offerto, ma da altri valori intangibili quali il rispetto e l’autenticità.

Le aziende vengono percepite come rispettose se trattano bene i clienti e si dimostrano più interessate ad un dialogo e alla relazione che ai numeri. E quelle realtà animate da questo intento generalmente dimostrano di comunicare in modo onesto e di agire con integrità.

 

Verso una comunicazione innovativa

Attraverso la comunicazione le persone entrano in contatto con l’immagine dell’azienda e la sua autenticità che viene vissuta, innanzitutto, come esperienza personale e, poi, come fattore premiante della reputazione: il 52% dei consumatori consiglia ad altri un marchio per la sua autenticità e il 49% dimostra fedeltà alla marca.

Quindi la comunicazione non è più solo uno strumento utile per informare sui prodotti o servizi ma si amplia per coinvolgere le persone che divengono “clienti-amici” e soddisfare le loro esigenze e aspettative con cuore e responsabilità.

“In questa società in continua evoluzione, i marchi più potenti e durevoli sono quelli costruiti con il cuore. Sono reali e sostenibili. Le aziende che resistono sono quelle più “autentiche” (Howard Schultz, Ceo di Starbucks).

Essa diventa una comunicazione innovativa poiché è diretta a creare relazioni, aiutando e coinvolgendo, anche attraverso il racconto della storia, della vita e della mission di un’azienda.

Non si tratta di raccontare semplicemente una storia bella per acquisire visibilità ma di narrare la propria storia, quella vera. Non è solo di una questione di contenuti ma del modo in cui un’azienda si espone. Racconta tutto di se, anche gli aspetti meno edificanti e perfettibili? Come li racconta? Con calore, umanità e in modo diretto? Ammette i propri errori?

Questa disponibilità a comunicare con apertura e trasparenza apre le porte ad una dimensione relazionale vera e gratificante in cui possono trovare spazio sentimenti come fiducia, tolleranza, rispetto, empatia; alla fine, le persone percepiscono la loro esperienza come autentica e la premiano poiché soddisfa un loro bisogno, quello di poter contare sulle aziende, come evidenziato dallo studio citato.

D’altra parte, sembra che le persone siano disposte a “perdonare” i passi falsi delle aziende nella stessa misura in cui queste ultime li ammettono con sincerità e li gestiscono in modo diretto, cioè con onestà e trasparenza.

 

 

La reputazione come leva per il cambiamento

Sergio Baraldi offre degli spunti interessanti sulla reputazione come “password contro l’incertezza”, confermando l’esistenza di una crescente domanda in tal senso, sia online che offline.

La reputazione si forgia negli scambi comunicativi e include l’intera rete di relazioni e di conversazioni, cioè l’ambiente in cui l’azienda o l’individuo sono immersi.  La sua natura sociale e la sua dipendenza dagli scambi comunicativi la rendono un fattore sul quale si può influire, ma non del tutto controllabile.

E l’influenza che una azienda può esercitare sulla propria reputazione comincia dalla prospettiva con cui sceglie di approcciarla: come strumento di cambiamento o come freno che favorisce il conformismo?

Se vediamo la reputazione come una leva per il cambiamento, possiamo farla diventare uno stimolo importante per ricercare e coltivare una autenticità che non può prescindere dalla propria realtà individuale o aziendale.

Del resto per essere autentici bisogna sentirsi a proprio agio e credere in ciò che si fa e si dice. Questo consente di fuggire dalla trappola delle imitazioni e di espandere l’autenticità in modo che abbracci i prodotti e servizi e si trasformi in un fattore di crescita qualitativo.

E permette di costruire messaggi veri che, proprio per la loro autenticità, potranno creare relazioni e fiducia nei confronti della propria audience.

Se invece lasciamo che la reputazione diventi una ragione di freno, allora scivolare nel conformismo e nei modelli basati sull’imitazione sarà una logica conseguenza.

Voi a chi concedereste la vostra fiducia?

 

(articolo aggiornato dall'autore il 03/06/2020)